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Una lotta per la libertà
Il tempo trascorso ci permette di sorvolare sul significato politico, preminente quando il film uscì e si conquistò il Leone d'oro all'alba degli anni della contestazione. Pensare oggi al terrorismo come uno strumento di lotta per la libertà riesce assai difficile. Conoscendo col senno di poi quale destino ha atteso l'Algeria, prima la miseria e poi l'integralismo islamico si è tentati di voltare pagina. Ma non dobbiamo giudicare la storia ma un film, un film meraviglioso che ha saputo rappresentare delle tensioni ideali e dei sentimenti profondi con grande obiettività, rispettando rigorosamente quella che Gillo Pontecorvo chiamava la "dittatura della verità". Egli ha affrontato questa opera con un progetto artistico preciso frutto della sua grande passione per il neorealismo. La fotografia è un bianco e nero sgranato di grande fascino e suggestione, i personaggi sono scelti faticosamente tra la popolazione locale... veri... verissimi!. Il montaggio è serrato e calzante sì da far volare le due ore del film come un temporale estivo: ci dimentichiamo di essere davanti ad uno schermo, siamo ad Algeri negli anni cinquanta. La colonna sonora di Morricone, con inserti di tamburi guerreggianti della tradizione locale. I movimenti di macchina a mano aggiungono emozione all'emozione. Difficile trattenere le lacrime nel finale che vede danzare le donne algerine in prima fila negli scontri di piazza ed emergere le loro urla gutturali nella notte della Casbah.
